Come imprenditori e manager, dentro e fuori l’azienda, viviamo cambiamenti epocali che stanno letteralmente modificando i nostri comportamenti, il nostro modo di pensare e di relazionarci con gli altri. Le tecnologie digitali che avrebbero dovuto condurci alla semplificazione del lavoro e alla riduzione degli sforzi fisici e mentali, in realtà non hanno migliorato risultati e benessere individuali e aziendali.
Di fronte a questi cambiamenti, molti si ostinano a gestire come nel passato i progetti di cambiamento in azienda: da quelli di innovazione pura a quelli di trasformazione Lean, dai cambi organizzativi ai progetti di implementazione di nuovi sistemi informatici.
Continuiamo a utilizzare modelli organizzativi e modalità comportamentali obsoleti. Ad esempio, facciamo prevalere in azienda logiche di lavoro frammentarie e comportamenti iper-reattivi di fronte a fonti di variabilità esterna spesso incontrollabili.
Mi domando come si possa continuare a credere che oggi possano essere ancora validi gli stessi criteri che avremmo adottato solo dieci anni fa quando, per esempio, non esistevano ancora gli smartphone!
Anche il Lean Thinking, nonostante i suoi oltre 70 anni di longevità come pratica manageriale, vive nuovi fasti tra i promotori del cambiamento in azienda insieme ai progetti di innovazione digitale, tecnologica e chi più ne ha più ne metta. Ma quando si parla di questi progetti e delle grandi aspettative che possiamo ricavarne, c’è sempre un lato oscuro che sfugge alla maggior parte delle persone che provano a cimentarsi con programmi di trasformazione aziendale.
Un approfondito studio della prestigiosa società di consulenza McKinsey, durato oltre 3 anni, ha esaminato e intervistato più di 311.000 dipendenti coinvolti in progetti di trasformazione aziendale, tra cui 6.800 CEO e Senior Executives, per un totale di oltre 400 aziende analizzate. Tra i progetti di trasformazione aziendale spiccavano i progetti di Lean Transformation, insieme a quelli di Re-Design Organizzativo, di lancio Nuovi Prodotti e di implementazione nuovi sistemi IT.
Le conclusioni dell’importante studio sono state piuttosto imbarazzanti: nel 70% dei casi esaminati, i progetti non hanno raggiunto l’obiettivo di partenza e, nel migliore dei casi, hanno ottenuto buoni risultati nel breve, tornando ai livelli di partenza nel medio-lungo termine.
Sono state esaminate anche le cause di questi risultati deludenti: nel 39% dei casi è emersa la fatidica causa della resistenza al cambiamento, seguita a breve distanza – nel 33% dei casi – da un’altra onnipresente causa, la mancanza di supporto al cambiamento da parte dei manager.
Mi sembra evidente che abbiamo un problema non facile da affrontare, e tutto sommato queste evidenze non dovrebbero sorprenderci più di tanto. Penso che chiunque di noi si sia cimentato nell’ardua impresa di fare un cambiamento nella propria vita, abbia sperimentato le difficoltà che McKinsey ha rilevato nel mondo aziendale. Progetti di diversa natura che partono, che hanno qualche risultato, ma che poi degradano – più o meno velocemente – regredendo alla situazione di partenza, se non addirittura a una peggiore.
Tuttavia, quello che decisamente non mi convince è l’identificazione della causa radice principale di questo decadimento della performance esposta nello studio McKinsey: la resistenza al cambiamento. Ogni volta che sento queste paroline magiche mi viene l’orticaria.
Ma che significa davvero? Tutti noi siamo stati biologicamente programmati per resistere al cambiamento. Il cambiamento sin dalla notte dei tempi, quando eravamo nomadi cacciatori-raccoglitori 200.000 anni fa, era sinonimo di pericolo. Dietro ogni cambiamento, si nascondeva un potenziale pericolo. Un nuovo territorio corrispondeva a possibili nuovi nemici o animali feroci sconosciuti o assenza di cibo per sfamare noi e la nostra tribù. Qualsiasi forma di nuova esperienza portava con sé le potenzialità della scoperta di nuove fonti di cibo e risorse, insieme ai possibili pericoli dai quali difendersi. Da sempre l’uomo ha dovuto trovare un compromesso tra il suo innato bisogno di sicurezza e il suo bisogno di varietà, alla scoperta di nuovi confini.
Una cosa è certa: tanto più ho consolidato confini certi, sicurezze acquisite di qualsiasi genere – giuste o sbagliate che siano -, abitudini che si sono cristallizzate…tanto più sarà faticoso cambiare. È normale. Nella vita come in azienda.
Quindi è normale che le persone resistano al cambiamento! Quale esso sia.
E secondo me non è nemmeno tanto solida la seconda causa citata dallo studio McKinsey, la mancanza di supporto al cambiamento da parte dei manager. Non è questione di supporto che viene a mancare da parte dei manager. Il vero problema è che molto spesso non sappiamo gestire il cambiamento, non sappiamo come trovare quel fragile equilibrio tra bisogno di sicurezza e bisogno di varietà, non sappiamo come coinvolgere e motivare davvero le persone, non sappiamo come accogliere in prima persona il cambiamento stesso e come diventare esempio di cambiamento. Al di là della lapalissiana esistenza della naturale resistenza al cambiamento.
Chi mi segue da anni conosce bene la metodologia Lean Lifestyle® messa a punto con la mia squadra di Lenovys: un insieme organico di principi, metodi e tecniche specifiche per raggiungere più risultati e più benessere in azienda.
E farò riferimento al Lean Lifestyle® per indicarvi 5 strategie fondamentali per portare al successo i progetti di cambiamento aziendali. Piccoli o grandi che siano.
Se vogliamo ottenere risultati nell’era digitale che stiamo vivendo, e sostenerli nel tempo, imprenditori e manager sono chiamati a costruire modelli organizzativi che garantiscano il raggiungimento dell’eccellenza tecnica insieme a quella sociale. L’obiettivo è erogare il massimo valore per i clienti e il mercato, cogliendo tutte le opportunità offerte da questo periodo di profonde evoluzioni tecnologiche, ma allo stesso tempo valorizzare a fondo il potenziale delle persone in azienda, aumentandone il benessere come garanzia di sostenibilità e crescita dei risultati nel tempo. Solo in questo modo le aziende diventano luoghi di crescita, prosperità e sviluppo sociale, proteggendosi da rischi di sovraffaticamento, stress e frustrazione delle persone, tipici di molti ambienti lavorativi moderni. E soprattutto proteggendosi dal forte rischio di fallimento delle varie iniziative, come il passato ci insegna.
Una sfida, segnata da difficoltà, ostacoli e fallimenti, ma che merita di essere affrontata e vinta.