Cosa rende difficile il lavoro?
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5 Luglio 20216.200. È il numero di pensieri che, secondo i più recenti studi condotti attraverso la risonanza magnetica funzionale dagli psicologi della Queen’s University (Canada), una persona avrebbe in media al giorno.
Un vero affollamento nella nostra testa, non c’è dubbio.
Precedenti ricerche erano arrivate a numeri ancora più elevati (72.000), ma la sostanza di queste evidenze empiriche non cambia.
Ognuno di noi genera molte migliaia di pensieri al giorno, sotto forma di immagini, dialoghi interni, ricordi, parole e frammenti cognitivi sparsi nel nostro cervello che non controlliamo nella maggior parte dei casi, e che spesso subiamo inconsciamente. A volte ci fanno stare male, a volte bene. A volte ci lasciano solo tanta confusione e disorientamento.
E al tempo stesso, non riusciamo a trovare la concentrazione sulle cose per noi importanti.
È normale, peraltro, che nell’era della abbondanza delle informazioni in cui viviamo, tutto questo “chiacchiericcio” della mente sia ulteriormente amplificato. Nella maggior parte dei casi ci troviamo a reagire impulsivamente a stimoli generati dalla nostra mente indipendentemente dalle nostre intenzioni. Gli stimoli interni si sommano e si confondono con le centinaia di stimoli esterni da cui siamo sommersi: interazioni lavorative, social media, chat aziendali, chat personali, e-mail, web, ecc…
La meditazione come pratica quotidiana per ritrovare lucidità e serenità
La qualità della nostra vita professionale e personale è legata alla capacità di governo della nostra mente. Noi non possiamo cambiare assolutamente niente di ciò che accade intorno a noi. E nemmeno di ciò che accade nella nostra mente. Possiamo solo agire su come reagiamo agli stimoli interni ed esterni. Possiamo aumentare il livello di consapevolezza verso i nostri processi mentali e possiamo imparare a osservare ciò che accade in modo neutro, per decidere di volta in volta qual è la mossa giusta da fare.
All’inizio facevo una fatica enorme, anche solo a rimanere due minuti fermo a “non fare niente”. Non appena chiudevo gli occhi decine di pensieri si affacciavano a chiedere attenzione. La cosa buffa è che spesso non ti rendi nemmeno conto di avere tutti quei pensieri in testa sino a quando non fai un po’ di silenzio.
È incredibile osservarsi. Con la pratica i minuti sono aumentati e con essi anche la capacità di osservare i miei pensieri con distacco e lasciarli andare. Ti accorgi che i tuoi pensieri fanno parte di te, ma non sono te. Sei tu che puoi decidere cosa farne. E la pratica meditativa rappresenta un allenamento prezioso in tal senso. Non sono un asceta e non diventerò mai un monaco Shaolin come il mio carissimo amico e maestro Alberto Bertolotti che tanto mi ha insegnato in questo ambito.
A me bastano una sedia, dieci-quindici minuti di tempo, una stanza silenziosa, un giardino o un posto qualsiasi con un po’ di privacy, e il gioco è fatto. Chiudo gli occhi e comincio con gli esercizi di respirazione per sprofondare poi in un meraviglioso stato di calma interiore. Ogni sera questo rappresenta l’appuntamento con me stesso prima di andare a letto. In periodi particolarmente intensi aggiungo una sessione al risveglio per partire con il piede giusto. Al bisogno sono sufficienti 2-3 minuti in ufficio durante la giornata lavorativa, per ristabilire connessione, lucidità e consapevolezza.
I vantaggi sono molteplici. Nel momento stesso e subito dopo aver meditato mi sento meglio, più lucido, rilassato ed energico. Nel resto della giornata vivo gli effetti indotti dovuti al miglioramento della capacità di ascolto e osservazione dei miei pensieri e delle emozioni ad essi collegati.